martedì 15 novembre 2022

Ipazia


Ipazia (in greco antico: Yπατία, in latino: Hypatia) nacque intorno al 370 d.C. ad Alessandria d’Egitto e venne avviata dal padre, Teone di Alessandria, allo studio della matematica, della geometria e dell’astronomia. 

“Se mi faccio comprare, non sono più libera, e non potrò più studiare: è così che funziona una mente libera” 

Ipazia, in Ipazia Vita e sogni di una scienziata del IV secolo

Lui stesso nell’intestazione del III libro del Commento al Sistema matematico di Tolomeo scrive: “Commento di Teone di Alessandria al III libro del sistema matematico di Tolomeo. Edizione controllata dalla filosofa Ipazia, mia figlia”. 

Nulla si sa della madre e il fatto che i saluti rivolti ad Ipazia e agli altri familiari nelle lettere del suo allievo Sinesio non la citino mai fa ritenere che, almeno nel 402, ella fosse già morta. 

Alla morte del padre Teone, matematico-astronomo, Ipazia ne eredita legittimamente il posto a capo della scuola neoplatonica d’Alessandria a 31 anni. Nota era pure la sua bellezza tanto che uno dei suoi allievi si innamorò di lei, ma Ipazia non si sposò mai sentendosi già "sposata alla verità". 

I suoi scritti sono andati perduti, ed è difficile ricostruirne il pensiero; sono piuttosto le testimonianze dei contemporanei a dare notizia della sua fama. Sinesio, lo studente venuto da Cirene e futuro vescovo di Tolemaide la chiama "madre, sorella, maestra e benefattrice", e le fonti la ritraggono come una scienziata e filosofa dai talenti insoliti che partecipa attivamente alla vita politica. 

"Per la magnifica libertà di parola e di azione che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini: infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale" scrive Socrate Scolastico. 

Arrivò a formulare anche ipotesi sul movimento della Terra, ed è molto probabile che cercò di superare la teoria tolemaica secondo la quale la Terra era al centro dell’universo. 


Ipazia viene ricordata anche come inventrice dell’astrolabio, del planisfero e dell’idroscopio, strumento con il quale si può misurare il diverso peso specifico dei liquidi e non si convertì mai al cristianesimo (uno degli elementi che la condannò a morte). 

Ipazia rinnova il modo di indagare la conoscenza e di trasmetterla: oltre che insegnante, diventa un'oratrice apprezzata e conosciuta, cui viene concesso di parlare a folle di studenti. Tutto questo in un'epoca nella quale alle donne sono riconosciuti pochissimi diritti. 

Se poco si sa della vita di Ipazia, non mancano i dettagli circa la sua morte. La distruzione dei templi ellenici voluta dall’imperatore Teodosio I (al tramonto del IV secolo) è messa diligentemente in atto dal vescovo Teofilo. Questo attacco così altamente simbolico, è seguito da un breve periodo di tregua, che vede Ipazia ancora libera e influente. 

A Teofilo, morto nel 412, succede il nipote Cirillo, assai più bellicoso, il quale si dota di una milizia privata (i parabalanoi) e dopo uno scontro forse pretestuoso fra ebrei e cristiani, caccia gli ebrei dalla città. 

I pagani sanno che il loro turno sta per arrivare quando, nel 414 il prefetto Oreste, estimatore di Ipazia e inviso al vescovo, viene aggredito da un gruppo di monaci e ferito. Il colpevole è condannato a morte, ma Cirillo gli organizza funerali in pompa magna e lo proclama martire. 

Ipazia, donna e intellettuale, non può sfuggire al clima di terrore instaurato. Fa parte della classe intellettuale custode del sapere classico e di fede pagana. Nel marzo 415, un gruppo di monaci si apposta vicino alla casa di Ipazia, in attesa del suo rientro. Si legge nelle cronache del tempo: 

"Tiratala giù dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario; qui, strappatale la veste, la uccisero usando dei cocci. Dopo che l’ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati i brani del suo corpo nel cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia bruciandoli". 

Socrate Scolastico, da cristiano, non incolpa il vescovo. Lo fa Damascio, il filosofo pagano, per il quale Cirillo "...Si rose a tal punto nell’anima che tramò la sua uccisione, in modo che avvenisse il più presto possibile, un’uccisione che fu tra tutte la più empia" 

La questione della libertà di pensiero femminile, e di azione, in rapporto all’autorità politica e religiosa resta scabrosa: Ipazia compare nel teatro e nel romanzo dell’Otto e del Novecento, forse anche – suo malgrado – perché facilmente le calzano i tratti della martire eroica, tanto più martire quanto più la sua autorevolezza intellettuale è indiscussa. 

Marcel Proust (All’ombra delle fanciulle in fiore), Umberto Eco (Baudolino), Hugo Pratt in un album di Corto Maltese le rendono omaggio, mentre prendono il suo nome associazioni di femministe, filosofe e scienziate. 

Nel XXI sec. l’autonomia femminile, come quella della ricerca scientifica, resta contrastata dalla medesima autorità, e Ipazia non cessa di ispirare saggi, romanzi e polemiche come quelle attorno al film, del regista spagnolo Alejandro Amenàbar, Agorà. 

Una storia, quella di Ipazia,  che dovrebbe far riflettere su come i dogmi in generale, di tipo religioso ma anche ideologico, siano stati troppe volte nella storia nemici della libertà di pensiero e della sete di conoscenza del genere umano, oltre che fonte di assurde discriminazioni del genere femminile.

"Ipazia rappresentava il simbolo dell'amore per la verità, per la ragione, per la scienza che aveva fatto grande la civiltà ellenica. Con il suo sacrificio cominciò quel lungo periodo oscuro in cui il fondamentalismo religioso tentò di soffocare la ragione." 
Margherita Hack




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